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Atòmica, Bomba.

Più propriamente chiamata bomba nucleare, venne utilizza per la prima volta il 6 agosto 1945 nel bombardamento di Hiroshima e tre giorni dopo in quello di Nagasaki (Giappone). Il principio della bomba è fondato sulla relazione espressa da Einstein nel 1905, nella quale teoricamente viene dimostrato che la massa di un corpo è la misura della sua energia totale secondo la formula E = mc², dove E rappresenta l'energia espressa in erg, m la massa espressa in grammi e c la velocità della luce espressa in centimetri al secondo. In pratica qualunque trasformazione chimica che produca una differenza tra la massa di partenza dei componenti e quella finale, provoca anche una produzione di energia; applicando tale formula alla massa di un grammo si ha l'equivalenza in energia pari a 900.000.000.000.000.000.000 erg. La b.a. è stata quindi ottenuta applicando il principio di Einstein a un nucleo pesante: questo, se colpito da un neutrone, si divide in due nuclei di massa intermedia, con conseguente diminuzione di massa. A ciò consegue un'emissione di energia in quantità molto elevata. Tale processo, chiamato fissione, necessita però di condizioni particolari per essere efficace. Innanzitutto occorre che gli elementi bombardati occupino le posizioni estreme della tavola periodica degli elementi, perché è stato calcolato che i massimi valori di energia liberata corrispondono alla formazione di atomi di medio peso atomico, derivabili solo da elementi leggeri o pesanti. Inoltre occorre che gli atomi coinvolti in questo processo siano in numero elevato e quindi che, una volta innescato, il processo dia origine a una reazione a catena. Nella b.a. tutto ciò è stato ottenuto bombardando con neutroni veloci i nuclei dell'uranio 235 o del plutonio 239 (materiali fissili): questi, disintegrandosi, producono due atomi di peso medio (xeno-stronzio o cripto-bario) e sono in grado di innescare una reazione a catena, a condizione che in partenza sia disponibile una determinata massa di materiali fissili detta massa critica. La potenza di una b.a. generalmente si aggira intorno ai 10 megaton. Esiste anche un secondo metodo di trasformazione di massa in energia, chiamato fusione. Tale processo si basa sulla fusione di due nuclei di idrogeno per ottenere un nucleo di elio, con l'avanzo di una particella di massa che si trasforma in energia (ciò che avviene nel Sole). Infatti un nucleo di idrogeno ha una massa di 1,008 x 4 = 4,032 e cioè 0,028 in più del nucleo di elio; tale difetto di massa, secondo la formula di Einstein, darà uno sviluppo di energia pari a 28.000.000 di elettroni volt, che, moltiplicati per il numero di atomi contenuti in un grammo di elio, equivalgono a 190.000.000 di chilowatt. Il processo di fusione trova la sua applicazione nella cosiddetta bomba H o bomba a idrogeno, un ordigno termonucleare in grado di sviluppare una potenza di 100 megaton e un effetto termico molto maggiore di quello della b.a. (15 milioni di gradi nell'epicentro). Tuttavia la trasformazione per fusione necessita di una grande quantità di energia termica per essere innescata ed è per questo che la bomba H è generalmente costituita da una piccola b.a intorno alla quale viene disposto il materiale fusibile in quantità potenzialmente illimitata (non esiste una massa critica). L'esplosione della b.a. funge da innesco per le successive reazioni a catena che alternano reazioni di fusione a reazioni di fissione. ║ Effetti fisici di un'esplosione atomica: gli effetti dannosi, che si verificano dopo lo scoppio della b.a., sono di tre specie: d'urto, termici e radioattivi. Tali effetti non sono proporzionali, nel raggio d'azione, alla potenza della bomba stessa, così che ammettendo che una bomba da 20 KT (1 KT è uguale a 1.000 tonnellate di tritolo) produca una certa quantità di potenza d'urto, di calore e di radioattività, una bomba da 200 KT produrrà danni per circa il triplo per l'onda d'urto e poco più che il doppio per il calore, mentre la radioattività subirà solamente un piccolo incremento. All'atto dell'esplosione, si dispone di pochi istanti per difendersi dall'onda d'urto proveniente dal punto zero: 2 secondi a un chilometro, 4 secondi a due chilometri e 7 secondi a tre chilometri, ma il pericolo maggiore è sempre quello del danno irreparabile che può produrre la contaminazione provocata dalla radioattività residua, non essendovi alcun mezzo per distruggerla. ║ Azione biologica delle esplosioni atomiche: gli effetti biologici delle radiazioni emesse dalle esplosioni atomiche possono essere immediati (effetti meccanici o termici) oppure secondari a causa dei prodotti di fissione e dei radioisotopi emessi al momento dell'esplosione. Questi effetti sono analoghi alle alterazioni biologiche provocate da raggi X, corpi radioattivi e neutroni, ma in scala più vasta. L'irradiazione è massima in un perimetro ristretto all'epicentro dell'esplosione la cui estensione varia in rapporto alla potenza dell'ordigno usato; gli individui sopravvissuti alla morte presentano una scomparsa quasi totale dei globuli bianchi e delle piastrine ematiche: in genere muoiono di setticemia in un lasso di tempo variabile da qualche giorno a due o tre settimane. Nei sopravvissuti possono manifestarsi, nei mesi e negli anni successivi, lesioni oculari, cataratte, leucemia e cancro da radiazioni. Uno dei pericoli maggiori dell'esplosione di una b.a. è rappresentato dalle polveri radioattive che penetrano nell'organismo attraverso le vie respiratorie, digerenti o cutanee. Il trattamento degli esseri viventi che hanno subito delle radiazioni atomiche è sempre soltanto un palliativo. Prima di tutto occorre cercare di tenere in vita le vittime e dare ai tessuti colpiti la possibilità di rigenerarsi, quindi prevenire le infezioni favorite dalle ulcerazioni mucose, fare numerose trasfusioni di sangue e controllare continuamente la composizione sanguigna. Tenuto conto che nel 1983 la potenza esplosiva totale degli arsenali nucleari esistenti nel mondo era valutata pari a un milione di bombe del tipo che colpì nel 1945 Hiroshima e Nagasaki (corrispondente a cinque tonnellate di tritolo per ogni abitante della Terra), è immaginabile di quanto sarebbero accresciuti i problemi medici, in caso di eventuale sopravvivenza dopo un'esplosione atomica. Ne è conseguito un crescente impegno degli studiosi di medicina in questo settore specifico e la costituzione di una associazione internazionale dei medici per la prevenzione della guerra nucleare, che raccoglie scienziati dei maggiori Paesi, tra cui USA e URSS. Secondo gli studi condotti da varie équipe specializzate, gli effetti medici di una guerra nucleare vanno al di là di quelli causati direttamente dall'impatto distruttivo delle bombe e dalla ricaduta radioattiva. Infatti i sopravvissuti, anche nel caso in cui non fossero stati contaminati, dovrebbero superare tutta una serie di successivi problemi collaterali: shock psicologico con successivo intorpidimento psichico irreversibile, epidemie, mutamenti climatici, disgregamento dello strato di ozono dell'atmosfera. ║ Applicazioni industriali della b.a.: il processo di fissione ha trovato un utilizzo industriale con la creazione di reattori nucleari (V.), dispositivi nei quali viene innescato un processo di fissione di nuclei pesanti e viene mantenuta la reazione a catena in modo da avere una continua produzione di energia sotto forma di calore. Inizialmente avevano solo lo scopo di produrre plutonio, ma in un secondo tempo si è pensato ai vantaggi di un recupero dell'energia prodotta dai reattori stessi e sono sorti così impianti per l'utilizzazione del calore nella produzione di energia elettrica (Arco, Stati Uniti, 1951; URSS, 1954; Calder Hall, Gran Bretagna, 1956; Marcoule, Francia, 1957). Il problema che si è presentato quasi subito è stato che tendenzialmente questi impianti assorbivano più energia di quanta ne producessero. Le ricerche si sono allora indirizzate verso la realizzazione di reattori nucleari veloci autofertilizzanti in grado di produrre più materiale fissile in rapporto all'energia che consumavano. In particolare questi impianti utilizzano i neutroni in eccesso derivati dalla reazione di fissione per produrre uranio fissile dall'uranio non fissile. Negli anni Sessanta sono stati installati reattori di questo tipo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia, in Unione Sovietica e in Germania Occidentale e studi in tale direzione sono proseguiti anche nei decenni successivi. Nel 1978 erano in funzione 238 reattori, tuttavia a partire dalla fine degli anni Settanta, in seguito a incidenti come quello accaduto nella centrale di Three Miles Island in Pennsylvania, sono sorti ovunque movimenti antinucleari preoccupati della sicurezza degli impianti e del rischio di eventuali contaminazioni radioattive. Ciò ha provocato l'esigenza di normative più severe per controllare l'installazione e la sicurezza degli impianti e quindi una temporanea sospensione nelle installazioni di nuovi reattori; tale provvedimento però non ha impedito l'attivazione di impianti quali quello di Caorso (Italia), nel 1981. Un nuovo gravissimo incidente ha riaperto nel 1986 la polemica sulla sicurezza delle centrali nucleari: a Cernobyl, in Ucraina, un reattore ha innescato una reazione a catena incontrollabile, finendo per esplodere e per causare la fuoriuscita di materiale radioattivo e la formazione di una nube tossica che ha provocato danni su vaste aree dell'Europa centrale e occidentale. In seguito a questo incidente il Governo ucraino ha disposto la chiusura dell'impianto da attuarsi entro la metà degli anni Novanta. Nel frattempo in Italia il reattore di Caorso è stato fermato nel 1987 e nel 1991 è stato proposto un piano di smantellamento dell'impianto che dovrebbe concludersi nel 2041. In Francia, il reattore veloce Superphénix, installato nei primi anni Ottanta, è stato definitivamente bloccato nel 1991 in seguito a incidenti verificatisi in precedenza.